Giuseppe Minardi, detto “Pipaza”
Nato a Gaiano di Solarolo (RA) il 28 marzo del 1928
Ottenne la sua prima vittoria dopo che Pavesi gli frustò le gambe con un fascio di ortiche
“Pipaza”, nato a Gaiano di Solarolo in provincia di Ravenna, il 28 marzo del 1928, incominciò nella S.S. Solarolese, nel 1947 da dilettante, dopo un brevissimo periodo di tirocinio fra gli allievi della Baracca di Lugo. Nel 1948 ottenne una vittoria in volata nientemeno che su Zanotti, e una convocazione per una preolimpionica.
Insomma, già si parlava di lui, e i dirigenti della Vilco di Bologna ottennero il trasferimento. Il 1949 fu un’annata eccezionale: vinse a Mordano, a Pescara (Coppa Matteotti), a Massa, a San Carlo Ferrarese, a Cento (Coppa Govoni), a Marina di Massa (selezione per i mondiali), nella Milano-Rapallo e nel Giro di Romagna, e fu secondo nel Gp Pirelli. Inoltre con Isotti, W.Servadei e Benfatti vinse la Coppa Italia a squadre per la Vilco.
Ce n’era abbastanza per tentare la sorte tra i professionisti, e Giorgio Dittatori, il tecnico che lo scoprì e ne affinò la classe, lo consigliò di iscriversi al Giro di Lombardia 1949: figurò benissimo e nel 1950 confermò di trovarsi a suo agio tra i professionisti. Tanti buoni piazzamenti e al Giro d’Italia seppe mettersi in luce come uno dei gregari più solerti e degli esordienti meno spauriti. Il 1951 inizia con due secondi posti, al Giro di Toscana e alla prima prova del Gp dell’U.V.I. (Milano). C’erano le premesse per una buona stagione, purtroppo proprio poco dopo l’arrivo a Milano, finito in volata andava a sbattere contro un’auto imprudentemente arrestatasi, e si feriva seriamente ad una spalla. L’incidente comprometteva parzialmente la sua forma per l’inizio del Giro, dove però riuscì ad ottenere la prima vittoria della sua carriera: era il 29 maggio, decima tappa, e la Legnano era già senza il suo capitano Soldani. Tutti potevano fare la loro corsa, ma Minardi non sapeva decidersi a sfruttare il momento buono, in una tappa svolta ad un’andatura non troppo elevata. Allora Eberardo Pavesi gli si avvicinò e gli diede il “via”, frustandogli le gambe con un fascio di ortiche: “Pipaza” partì fortissimo e quando arrivò a Pescara correva ancora tanto che battè tutti in volata.